La condivisione di un rene

Racconto della quinta edizione del concorso Nazionale “Quirino Maggiore” di Narrativa, Poesia e Fotografia in Nefrologia, Dialisi e Trapianto.

Opera di Patrizia Babini, 1° classificata, sezione narrativa, categoria familiare.

Mi sono innamorata di Fabio, non certo dei suoi reni. Questa la risposta a chi mi chiedeva perché, a 23 anni, nel pieno di una vita ricca di salute, sport, studio, progetti, avessi mantenuto la decisione di sposare Fabio, che era costretto a trascorrere tre giorni a settimana attaccato ad una macchina per la dialisi. Abbiamo festeggiato il primo anno di dialisi con il matrimonio…5 giugno 1989 -16 giugno 1990. Abbiamo accolto l’ospite inatteso consapevoli che avremmo dovuto aggiustare un po’ i nostri piani, ma abbiamo fatto in modo che tutti i nostri progetti si realizzassero…Ci siamo sposati, abbiamo avuto il dono di una figlia meravigliosa, Martina, abbiamo fatto vacanze, costruito casa, lavorato, pagato gli studi a Martina. Insomma, abbiamo avuto una vita piena, in cui tutto ciò che avevamo pensato è stato realizzato. Siamo passati spesso dal pianto alla gioia, e viceversa…
Il 13 aprile 1991 la gioia immensa di scoprire che saremmo diventati genitori. Dopo 14 giorni, il 27 aprile, la chiamata per il trapianto! Un rene perfettamente compatibile, un trapianto immediatamente riuscito, che però fallirà irrimediabilmente, a causa di una grave infezione da CMV. Pazienza. Fabio è vivo! Avremo altre opportunità. Il tempo passa. Noi cresciamo, insieme a nostra figlia. Il 10 gennaio 2000 torniamo a sperare. Un nuovo trapianto, al Policlinico Gemelli, ci restituirà 16 anni di vita piena. Ad ottobre 2015 Fabio deve rientrare in dialisi. Nel frattempo io mi sono resa disponibile per il trapianto da vivente. Non è stato facile convincere Fabio ad accettare questo percorso. Era in lui troppo grande la paura di farmi del male. Ma la mia scelta era per me, prima che per lui. Per mia figlia, per la nostra vita. Perché? Ora vi porto con me nel mio percorso ideativo. Facile: io, nel 2015, stavo per compiere 50 anni. Ero (e sono) in piena salute. Ero davanti ad una scelta: è per me più vantaggioso vivere con due reni, ed un marito dializzato, oppure vivere con un rene ed un marito trapiantato? Ovviamente, ci ho messo un nanosecondo a darmi la risposta. Ed ho convinto Fabio a dirmi per la seconda volta sì, proprio con questo argomento. Gli ho chiesto di mettere da parte il suo egoismo, per far posto al mio! Io volevo dargli un rene, affinché tutti noi potessimo stare meglio. Ce l’ho fatta, come sempre, a convincerlo, perché sono riuscita a fargli capire un concetto elementare: io non gli avrei donato un rene ma, molto più semplicemente, lo avrei condiviso con lui! Cominciamo tutti gli accertamenti di rito. Esami accurati per valutare il mio stato di salute.
Apro una parentesi: in questo percorso la persona che decide di donare un rene viene posta al centro, ma davvero. Capite quanto potrebbe essere devastante, per il sistema trapianti, avere un evento avverso su un donatore! Il prelievo di un rene da un donatore vivente, è un intervento strano… il chirurgo porta in sala operatoria una persona sana! Dunque, il donatore DEVE essere al centro, tutelato e preservato. Questo deve essere chiaro a tutti, soprattutto a chi deve ricevere e che, troppo spesso, rifiuta, per paura.
Bene, acquisito il consenso di Fabio, fatti tutti gli esami per accertare il mio stato di salute, siamo pronti. Si decide la data…lunedì 2 maggio 2016. Siamo al settimo cielo! Il giovedì Fabio è già in ospedale per la preparazione, io sono con lui. Ultimo prelievo per il cross-match finale. Ed arriva la mazzata. Fabio, a seguito dei precedenti trapianti, di trasfusioni, di infezioni, ha sviluppato anticorpi anti HLA. Anticorpi così eterogenei, ed in quantità talmente elevata, da non rendere più compatibile il nostro trapianto. E così, in un attimo, finisce il nostro sogno. Si torna a casa con un nulla di fatto. Anzi, con la consapevolezza che il terzo trapianto di Fabio sarà difficilissimo da realizzare, perché un PRA del 100% è un dato che dice che, statisticamente, sarà quasi impossibile trovare un donatore. Ma oramai avrete capito che siamo tipi tosti. Ci arrendiamo? Assolutamente no! Io sono sempre pronta, con il mio rene a disposizione. Come? Attraverso una modalità particolare, il crossover. In cosa consiste? Funziona così: in un database vengono raccolte le coppie donatore-ricevente incompatibili tra di loro. Un software cerca la compatibilità tra le coppie incrociando i dati. E così ci affidiamo a questa possibilità. Il problema maggiore è dato dalla esiguità del numero di coppie aderenti a tale programma che, per funzionare, ha invece necessità di un pool molto esteso. Infatti il tempo passa senza che nulla accada. Fino al 17 aprile 2023 quando, alle 10 della mattina, squilla il telefono. Da Padova ci informano che abbiamo la combinazione perfetta! Un donatore compatibile per Fabio, ed un ricevente per me. Gioia infinita! Il resto, come scopriremo poi, è storia! Il 20 giugno 2023, per la prima volta, è stata realizzata una catena di donazioni che ha coinvolto tre città tra Italia e Spagna: Padova, Barcellona e Bilbao. Io sono stata la donatrice che ha innescato la catena, al mattino, e Fabio il ricevente che l’ha chiusa, alla sera. Una maratona di 2.713 km, tra Padova, Barcellona e Bilbao, con un aereo che ha trasportato i nostri reni. A raccontarla così sembra facile. Ma non riesco neanche ad immaginare le difficoltà che stanno alla base dell’organizzazione così perfetta di un processo tanto complesso, in cui 6 persone entrano in sala operatoria, in tre città così lontane, con una necessità di sincronia assoluta, da orchestra sinfonica. Troppe le persone determinanti in tutto ciò per poterle citare e ringraziare, senza rischio di dimenticare qualcuno.
Ora, come restituire almeno un po’ della meraviglia che ci è stata donata dalla vita? Un’idea ce l’abbiamo: aiutare le persone ad avvicinarsi con un approccio più pragmatico e meno retorico, al trapianto da vivente. Chi fa dialisi, oltre a soffrire per la malattia, soffre perché tutta la famiglia vive le restrizioni ad essa collegate. Questa deve diventare una leva strategica per incentivare il trapianto da vivente che, ad oggi, risulta troppo poco praticato. Un concetto deve essere chiaro. Il trapianto è un diritto! Dobbiamo lottare per fare in modo che non sia più considerato un fatto eccezionale, per pochi fortunati. Infine, un incoraggiamento a chi ancora sta cercando una soluzione. Non abbiate paura! Se ce l’abbiamo fatta noi, ce la farete anche voi!

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