Il documento “FABBISOGNO REGIONALE DI PRESTAZIONI DI EMODIALISI 2016-2018”, approvato dalla giunta Regionale (Deliberazione n° 496 del 15 settembre 2017) descrive la necessità, secondo quanto indicato dal Piano Sanitario Regionale, di potenziare il numero di posti letto tecnici in centri dialisi deospedalizzati, ossia strutture private accreditate e convenzionate.
Tale necessità risulta inverosimile alla luce dei dati emersi al congresso nazionale della SIN 2017, tenutosi a Rimini, dove è stato evidenziato invece che il numero di pazienti avviati ai trattamenti dialitici è stazionario, anzi in tendenziale calo.
ANED non era a conoscenza dei dati menzionati, né è stata informata circa la situazione descritta nel suddetto documento.
Secondo quanto esposto nel documento la deospedalizzazione favorirebbe la decongestione degli ospedali per permettere a tali strutture di concentrarsi in funzioni di elevata assistenza e nella cura dei casi clinici complessi.
Viene altresì delineata la carenza di centri dialisi nelle aree periurbane e nelle zone di confine, dove i fabbisogni residenziali e stagionali non verrebbero soddisfatti. Sono riportati i dati abruzzesi riguardanti il numero di dializzati e di posti letto tecnici fruibili a fine 2015 con le rispettive proiezioni al 2018.
Esaminando con attenzione tali dati, ci si rende conto di incongruenze numeriche circa la quantità di posti letto tecnici in alcuni centri dialisi e le reali necessità di reni artificiali, attualmente soddisfatte e potenziabili. In alcuni centri dialisi menzionati sono presenti posti letto tecnici e turni dialisi completamente liberi.
Ci chiediamo pertanto se sia reale la necessità di creare nuovi centri anziché potenziare le dialisi pubbliche già esistenti che, in tal modo, rischierebbero di essere chiuse.
Al di là di dati epidemiologici, calcoli matematici e prospettive di crescita della popolazione dialitica, crescita peraltro condizionata da svariati fattori (basti pensare al crescente numero di trapianti eseguiti, all’aumentata richiesta e possibilità attuale di domiciliarizzare il paziente uremico terminale, nonché alla mortalità dei pazienti dializzati, ad oggi sempre più clinicamente complessi), ANED esprime riserve, a favore della tutela del paziente, sulla futura gestione dello stesso, se viene perseguita la rotta della deospedalizzazione del trattamento emodialitico.
Nel documento vengono ricordate le difficoltà all’accesso ai servizi di dialisi nelle zone di confine, nelle aree urbane ad elevata densità di abitanti e ai vacanzieri.
È noto che tali criticità sono finora sempre state superate da una valida rete di servizi pubblici, coordinata da personale sanitario dedito che lavora incessantemente per il paziente.
ANED ha supportato negli anni questo tipo di esperienza e ne sostiene tuttora la validità, affinché il paziente resti una “persona” gestita nella sua globalità e non un numero.
Con la deospedalizzazione, ammessa e non concessa la realizzazione di una migliore distribuzione quantitativa dei servizi, ci chiediamo se verrebbero conservati la qualità dei servizi suddetti e l’interesse a prendere in carico la persona nella sua complessità.
Un’azienda appaltatrice di servizi di dialisi può conservare integralmente l’attenzione nei confronti del paziente nefropatico così come una struttura pubblica?
L’interesse a ridurre le prestazioni dialitiche, lavorando sulla prevenzione delle complicanze uremiche e delle comorbidità, verrebbe conservato?
Ci sono realtà del nostro Paese che hanno in passato intrapreso questa strada, ma oggi le criticità sono largamente superiori ai benefici: meno prevenzione e terapie conservative, numero di dializzati superiore alla media nazionale, minor numero di trapianti rispetto alla medesima media.
Nel documento si parla di una popolazione dialitica sempre più anziana, pertanto più complessa clinicamente, che trarrebbe maggiori benefici dai servizi offerti da una struttura pubblica nell’ottica di prevenirne l’ospedalizzazione.
ANED vuole chiarire la modalità di gestione della scelta del paziente da indirizzare in un centro deospedalizzato piuttosto che in un centro ospedaliero.
Si potrebbe creare uno scenario in cui il paziente complesso resta a carico della dialisi ospedaliera ed il paziente non complicato accede alle strutture deospedalizzate, con vantaggi economici per la struttura privata e aggravi di oneri a carico del pubblico.
Peraltro, non dimentichiamo che potrebbero verificarsi complicanze durante e dopo la seduta dialitica, sino a vere e proprie emergenze che mettono a rischio la vita del paziente dializzato.
Una struttura ospedaliera possiede i mezzi per coordinare eventuali situazioni di pericolo; un centro deospedalizzato deve necessariamente contattare telefonicamente il servizio di 118 per il trasferimento del paziente presso il pronto soccorso di una struttura pubblica, con il rischio di aver meno tempo a disposizione per gestire situazioni critiche.
Ci sembra piuttosto evidente che gli oneri rimangano a carico della pubblica amministrazione e che pertanto sia più sensato potenziare i centri dialisi ospedalieri.
L’obiettivo di ANED è, da sempre, garantire l’adeguatezza dialitica ed il mantenimento dello standard qualitativo delle cure. L’Associazione vuole che il paziente nefropatico abbia gli elementi per scegliere dove e come fare la dialisi nel modo più giusto, a misura per la singola persona.
In quest’ottica si teme che una struttura deospedalizzata non abbia interesse, in termini sia di convenienza che di competenza, ad indirizzare un paziente verso un trattamento dialitico domiciliare che, ad oggi, possiamo definire efficace, ben accettato ed economico; tale interesse non vi sarebbe neppure verso il trapianto che è, invece, il percorso immediato da iniziare, ancor prima dell’ingresso in dialisi.
Dall’ esperienza ANED – dopo 46 anni di storia dell’Associazione – emerge la consapevolezza che il SSN pubblico, nato nel 1978, è un sistema in grado di garantire la continuità di cure efficaci ed accessibili a tutti.
Una convinzione condivisa peraltro dalla generalità dei medici nefrologi, degli infermieri e degli altri operatori sanitari pubblici.
Si riassumono quindi di seguito le osservazioni e le proposte avanzate:
– i dati indicano che non vi è una saturazione dei posti dialisi pubblici attualmente esistenti; non esistono evidenze circa la necessità di una crescita del fabbisogno, anzi, si attende auspicabilmente un rallentamento e quindi non appare necessario un allargamento;
– bisogna potenziare l’attività ambulatoriale nel territorio, con adeguate terapia conservative, in stretto rapporto con i medici di medicina generale;
– bisogna incrementare il numero dei trapianti e per questo è necessaria una rivisitazione dei modelli organizzativi, con la contestuale predisposizione di un PDTA, in grado di garantire un percorso terapeutico a 360°, dalla presa in carico precoce del paziente al follow up post trapianto.
Per l’insieme delle ragioni sopra esposte, esprimiamo la nostra contrarietà al progetto di deospedalizzazione, così come è stato previsto.
Chiediamo la costituzione di un tavolo tecnico con la presenza della SIN e di ANED, per affrontare le criticità indicate e discutere delle proposte avanzate.
Il nefropatico cronico ha diritto ad un’assistenza valida e competente da parte di chi è nella condizione di anteporre il bene del paziente a qualunque altro tipo di interesse.
In questo scenario che si paventa, in ogni caso, ANED manterrà una posizione forte a tutela del paziente e vigilerà sulla riorganizzazione dei servizi dialitici affinché questi soddisfino le esigenze della persona e ne assicurino la miglior gestione globale possibile.
ANED si augura un immediato segnale di disponibilità al confronto e al dialogo ed è pronta, comunque, a far sentire la sua voce, a nome delle persone che rappresenta, ogni qualvolta la cura del dializzato non venga assicurata.
IL PRESIDENTE ANED, Giuseppe Vanacore
IL SEGRETARIO DEL COMITATO REGIONALE, Valentina Di Romano