Covid, crescono i contagi nei reparti di emodialisi, positivo il 15% dei pazienti e il 20% di medici e infermieri

Da nord a sud si moltiplicano i casi tra le persone più fragili.
ANED: “Mancano ancora percorsi separati per chi ha il virus e chi no”.

comunicato stampa

Milano, 18 novembre 2020

I reparti di emodialisi degli ospedali pubblici italiani, in particolare nelle regioni del nord, si stanno trasformando in veri e propri focolai. Dal Piemonte alla Val d’Aosta, dalla Sicilia alla Lombardia, infatti, i casi di Covid registrati all’interno di questi reparti particolarmente delicati, che ospitano centinaia di persone, costrette a sottoporsi a terapie salvavita almeno tra volte alla settimana, sono in aumento. Complice l’assenza diffusa di percorsi separati tra pazienti positivi e non.

“La tutela dei più deboli dovrebbe essere una priorità per tutti – sottolinea Giuseppe Vanacore, presidente di A.N.E.D. Onlus – Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto – e invece negli ultimi 9 mesi si è fatto poco o nulla: pazienti e infermieri sono senza tutele specifiche e i contagi stanno crescendo. I numeri generali sono drammatici: tra i dializzati circa il 15% è Covid positivo e tra il personale sanitario la percentuale sfiora il 20%. Chiediamo dunque al Governo – aggiunge Vanacore – di agire immediatamente affinché giungano precise indicazioni a tutte le Regioni, in particolare in quelle dove i centri dialisi sono in maggioranza privati, con le strutture pubbliche che rischiano di saltare letteralmente per aria”.

In Piemonte e Valle d’Aosta, ad esempio, nei 21 centri dialisi sparsi sul territorio si contano 93 persone infette: 55 pazienti emodializzati, 19 trapiantati e 19 operatori sanitari. Un dato da non sottovalutare alla luce dell’età non eccessivamente avanzata, 69 anni di media, e soprattutto di un tasso di mortalità elevato. Nel solo mese di ottobre, infatti, il 9% dei pazienti emodializzati ha perso la vita a causa del virus.

Numeri che preoccupano e che fanno il paio con quanto si registra in Lombardia, in particolare nell’area metropolitana di Milano, che conta oltre 100 emodializzati affetti da Coronavirus, ma anche tra Monza e Varese dove si registrano 32 pazienti positivi e 16 operatori sanitari, tra medici, infermieri e oss.
Non va meglio al sud, dove, solo al presidio ospedaliero Cervello di Palermo, da settembre ad oggi sono stati curati 85 pazienti emodializzati Covid positivi, mentre attualmente ce ne sono in carico altri 48.

“Per comprendere il pericolo cui stiamo andando incontro – spiega Vanacore – è sufficiente leggere i dati raccolti dalla Società italiana di nefrologia al termine della prima ondata. Il 25% delle persone che hanno subito un trapianto di reni e che hanno contratto il Covid 19 sono decedute e la percentuale raddoppia se si prendono in considerazione le persone sottoposte a dialisi peritoneale. Stiamo parlando di un tasso di mortalità quasi 4 volte più alto rispetto alla media nazionale.

Non solo. Queste persone non possono essere messe in quarantena poiché sono obbligate a sottoporsi alle terapie salvavita tre volte a settimana, in locali dove spesso è impossibile garantire il distanziamento di sicurezza e dove, a 9 mesi dallo scoppio della pandemia, si continuano a tenere insieme persone positive e non.

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