Due viaggi

Racconto della quinta edizione del concorso Nazionale “Quirino Maggiore” di Narrativa, Poesia e Fotografia in Nefrologia, Dialisi e Trapianto.

Opera di Margherita Asso, 3° classificata, sezione narrativa, categoria familiare.

Ho scelto la mia meta. Oggi è Todi, centro Italia, Umbria, salumi e formaggi, storia, si mangia bene. Todi, Montemolino, Cecanibbi, Pian di S. Martino, Canonica, Pontecuti, Monte Santo, Porchiano, Izzolini, Romazzano, Torre Gentile, Vasciano, Fiore, S.Sisto, St. di P.te Naia, Cappini, Chioano, S.Damiano, P.te Rio, Duesanti, Petroro, Ilci.
Ventidue paesi e località tutt’intorno. Non sono poche. Ma il tempo non mi manca.
Comincio, come sempre, a studiare la zona. Strade, tante e di tutte le dimensioni e colori, più o meno importanti: c’è una statale, delle provinciali e anche un’infinità di strade bianche che terminano in località piccolissime. Sono a raggera da Todi verso l’esterno. Poi ci sono fiumi, rii, torrenti. Il Tevere, naturalmente, che passa sotto con una grande ansa. Non si arrampica sulla rocca di Todi.
Come potrebbe?
Decido di uscire da Todi in direzione Orvieto. Una strada tutta contornata di verde. Deve essere bella anche se è tutta saliscendi. Intanto parto in discesa: almeno l’inizio è facile. Ma ce la posso fare anche dopo: le freccette sulla strada sono sempre solo una, vuol dire che la pendenza non supera il 7%. Ah, non ho detto che sono in bicicletta, per questo devo saper su quali strade ci sono due freccette, cioè una pendenza fino al 12%.
Faccio solo cinque o sei chilometri in discesa e poi torno verso Todi deviando su una strada bianca che incontro sulla sinistra e porta a Canonica, due o tre case.
Rientro a Todi ma riparto subito, dopo aver preso cappuccio e brioche al Gran Caffè Serrani nella bella piazza rettangolare. Mi dirigo verso est. C’è la località Duesanti. Ho letto – qualcosa bisogna pur che guardi sul computer – che erano entrambi dei Sant’Antoni, due martiri cristiani dei tempi di Diocleziano.
Mi sa che per oggi ho finito il tempo del mio viaggio, almeno il primo. Chiudo l’Atlante stradale al 200mila del Tci non prima di essermi annotato il numero della pagina – è la 14 – per ricordarmi che qui ci sono già stato. Eh, sì i miei viaggi sono sulla carta stradale e li scelgo prendendo un bicchiere e facendo un cerchio di circa dieci centimetri qua e là sull’Atlante. Poi mi butto alla scoperta. Sempre in bici, emulo di Luigi Vittorio Bertarelli, storico fondatore del sodalizio delle due ruote.
Suona il campanello. È la Paola, in orario. Mi preparo all’altro viaggio della giornata. Quello più impegnativo. Faccio tutto con calma, adagio seguendo una routine che mi consente di arrivare al lettino quasi senza accorgermi, quasi senza pensare. Almeno fino al momento in cui la Paola, che nel frattempo ha già avviato il rene artificiale, mi inserisce i due aghi quello di uscita e quello di entrata che consentiranno al mio sangue di andar via dal mio corpo per purificarsi, nei filtri della macchina, di quelle scorie che i miei reni non eliminano più. È un viaggio lungo che dura quattro ore e che faccio tre volte alla settimana da ventinove anni. Quando è finito sto un po’ steso, spossato, pensando alla cena che stasera potrà essere più abbondante. Negli occhi ho la bella discesa fatta con la bici.

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