Racconto della quinta edizione del concorso Nazionale “Quirino Maggiore” di Narrativa, Poesia e Fotografia in Nefrologia, Dialisi e Trapianto.
Opera di Alessandra Luisella Cerra, 2° classificata, sezione narrativa, categoria operatore.
Per me un’acqua tonica, per favore. Bella fresca. IL CAMERIERE SI ALLONTANA.
Sai qual è la fregatura? Che c’è troppa acqua, dappertutto. Fontane nelle piazze, fontanelle in tutti i parchi della città. E poi i rubinetti, la mia passione. Quando sono in casa d’altri vado sempre in bagno: per lavarmi le mani, dico. Visto che di pisciare non se ne parla da anni. Ma lasciamo stare. Dunque, faccio scorrere l’acqua, ascolto il rumore che fa, la sento sotto le dita. E poi mi chino e bevo, anche un sorso soltanto.
TORNA IL CAMERIERE E LASCIA I DUE BICCHIERI SUL TAVOLINO.
Beviamo dai! Alla mia salute! Perché io non sono mica malato! Fossi malato a quest’ora sarei a letto con una colica, o una polmonite.
Roba da stare male davvero, che poi però passa, e chi s’è visto s’è visto. Quando si va per le lunghe è tutta un’altra storia.
La mia è una con-di-zione. Eh sì, perché io tengo tre reni, e neanche uno mi funziona. Non è mica da tutti, sai? I miei due hanno cominciato a scalcagnare che ero un ragazzo. Poi finalmente il trapianto. Oh, io ci penso sempre a quel povero cristo, o forse era una donna, chissà, che mi ha donato il rene. Ho fatto del mio meglio per tenermelo stretto, il rene nuovo, anche un po’ per lui, o lei. Sentivo una responsabilità, un dovere morale. Come quando ti mettono in mano una cosa preziosa, come quando devi curare il bambino di qualcun altro. Com’è come non è, dopo dieci anni pure quello ha iniziato a scalcagnare. Tu non puoi capire lo stress di venire in visita e sentirti dire che la creatinina s’è alzata ancora di mezzo punto, però stai tranquillo. Aumentiamo questo farmaco qui, ne aggiungiamo un altro, facciamo ancora un esame… L’ho capito subito, sai, che era solo una questione di tempo.
Infatti, dopo un anno di tira e molla rieccomi in dialisi. Mi ha fatto lo stesso effetto di quando finisce una vacanza. E guarda che la mia vacanza è stata bella lunga… Mia moglie c’è rimasta male, sicuramente più di me. Si era illusa, poveretta, che il trapianto è per sempre. Ma quando mai! Guarda il nostro centro, più della metà hanno fatto andata e ritorno. E ce ne siamo fatti una ragione, chi più e chi meno.
Sono dializzato, e con questo? Ho bisogno di fare la dialisi per stare bene. Lo dico sempre a mia moglie che non sono malato.
Fosse per lei starei dentro una campana di vetro. Non fare, non andare, riposati… Così delle volte faccio finta di non essere stanco, di non avere sete, e mica vado a dirglielo se ho mal di testa o cose così. E poi c’è mio figlio. Sono forti i ragazzini. Quando era piccino e veniva nel lettone voleva sentire il trill della fistola. Diceva che gli sembrava il rumore del mare. E io che all’inizio mi facevo degli scrupoli, perché pensavo che gli facesse impressione. Poi mi sono reso conto che dipende tutto da come gliele presenti le cose, ad un bambino. E infatti, a parlarne con leggerezza, lui alla fine ha capito che papà era un po’ speciale. Non malato, attenzione. Speciale. E ne andava anche fiero. Pensa che l’ha sbandierato agli amichetti di scuola, che poi la maestra una volta mi ha preso da parte: come sta, sa suo figlio ha raccontato, ci è sembrato…eccetera eccetera.
Adesso è cresciuto, tra parentesi reni perfetti, e sta diventando protettivo. Per forza, vede sua madre. Comunque di accompagnarmi al centro non se ne parla proprio, anche se a volte ci provano tutti e due. La dialisi è soltanto affar mio.
PORTA IL BICCHIERE ALLE LABBRA CON EVIDENTE SODDISFAZIONE.
Bere con moderazione: non è mica facile, sai? Io mi alzo la mattina e al pensiero che dovrei bere al massimo mezzo litro d’acqua in tutta la giornata mi viene ancora più sete. Però faccio il bravo, che diamine, non sono mica un bambino. Posso resistere. E poi tu lo sai, faccio un sacco di cose io, mica ce l’ho il tempo di torturarmi per un sorso d’acqua.
Il fatto è che la giornata è lunga e la sete è tanta. Ma me lo vuoi spiegare tu perché un dializzato ha sempre sete? Saranno mica tutte ste medicine… Ho un porta-pillole in tasca che mi sembra un arsenale. Oh, io non sgarro, me le piglio tutte. Con un poco di acqua, per forza. Se no come scendono? Per curiosità hai mai assaggiato la resina? No, immaginavo. Sembra di ingoiare del calcestruzzo.
Oh, non lo dico per lamentarmi.
Io tengo duro, però ogni tanto capita. Mollo gli ormeggi e apro il frigo. La bottiglia dell’acqua sta lì: dei bei sorsi lunghi, tutti d’un fiato e con gli occhi chiusi. Questo ci vuole per mandare via l’arsura dal palato, e anche dal cervello. Voi siete bravi, ci date un sacco di dritte per combattere la sete con poca spesa: e il bicchiere piccolo, e i cubetti di ghiaccio… Però a volte la sete è così insistente che è come sparare delle freccette a un elefante. Non ce la fai ad abbatterlo. Anzi, se possibile lo fai incazzare ancora di più. Ho reso l’idea? ANNUISCO
Allora…posso chiederti un favore? Domani, al centro, quando salgo sul letto bilancia, se vedi che ho portato tanto peso, almeno tu non cominciare con la solita solfa. Che è troppo, che il cuore ne soffre, che così la dialisi diventa più difficile. Tra parentesi certi colleghi tuoi fanno anche gli spiritosi: “Hai assorbito la pioggia?” “Hai prosciugato il Naviglio?” Credi che non lo sappia? L’acqua è la mia zavorra, me la devo trascinare appresso da una dialisi all’altra. Quando arrivo con le palpebre gonfie, io la vedo la vostra espressione. Si, ho bevuto e non avrei dovuto. Ma avevo una sete che neanche nel deserto.
Si vede dalla faccia, lo so benissimo. Ah, le mie caviglie: sono due canotti. Dai, schiaccia che resta l’impronta. E ti dirò di più, ne ho anche nei polmoni che stanotte avevo il fiato corto. Mea culpa, mea maxima culpa. Questo è quanto. BEVE L’ULTIMO SORSO.
Non ce l’ho con nessuno, ci mancherebbe. E nemmeno ti chiederei di metterti nei miei panni, ti andrebbero stretti. Comunque ti ringrazio per avermi ascoltato. CI ALZIAMO. Lascia, offro io.