La sindrome dei reni “a ferro di cavallo” è una condizione rara in cui i reni si fondono insieme nella parte inferiore, formando una forma simile, appunto, a un ferro di cavallo. Questa anomalia congenita si verifica durante lo sviluppo embrionale, quando i reni non riescono a separarsi completamente, presentandosi e funzionando, quindi, come fossero un organo unico.
Tale sindrome, nella maggior parte dei casi, risulta asintomatica e non crea problemi alla persona portatrice. Nonostante questo, il rene a ferro di cavallo viene tendenzialmente considerato non trapiantabile, soprattutto a causa delle maggiori difficoltà dell’operazione chirurgica.
Tuttavia, espandere il numero di organi da offrire ai tanti pazienti in attesa di trapianto è uno dei principali obiettivi che la Rete trapiantologica italiana deve porsi, se si vuole risolvere il problema delle lunghe liste d’attesa.
Seguendo questa linea, nella scorsa settimana è stato eseguito un trapianto anomalo: la squadra guidata dal Professor Giulio Carcano, Ospedale di Circolo di Varese, infatti, in stretta collaborazione con l’équipe pavese del Dr. Massimo Abelli, ha eseguito un trapianto di rene sfruttando un organo per molti considerato non trapiantabile, un rene “a ferro di cavallo”.
“Ricorrere a reni così detti marginali non è assolutamente da considerarsi un atto imprudente – spiega il Prof. Carcano – poiché, molti organi che, inizialmente, venivano considerati marginali attualmente sono annoverabili nello standard e i risultati per i pazienti sono eccellenti. Nel caso specifico, poi, il rene a ferro di cavallo non è propriamente un organo marginale, piuttosto è una variante anatomica rara che impone ai chirurghi chiamati a prelevarlo e, poi, a trapiantarlo delle difficoltà particolari, soprattutto nella gestione dei vasi e degli ureteri, che sono di fatto doppi e in posizioni molto peculiari. Ma, il paziente che lo riceve beneficerà di un rene perfettamente funzionante! Il ricorso ai reni marginali, del resto, non ha l’obiettivo di supplire alla carenza cronica di organi, quanto piuttosto quello di riuscire a trapiantare tutti i pazienti in attesa“.